Principali tipi di infezioni legate all’uso di stupefacenti
INFEZIONI VIRALI
Le infezioni virali a trasmissione parenterale costituiscono un importante capitolo della patologia di chi assume sostanze stupefacenti per via iniettiva. I risultati di uno studio americano evidenziano come i tossicodipendenti acquisiscano, in tempi relativamente brevi, numerose infezioni virali.
L’infezione da HCV viene in genere contratta nei primi anni dopo l’inizio della tossicodipendenza e raggiunge prevalenze superiori all’80%. Simile è anche la probabilità di acquisizione dell’infezione da HBV. La circolazione dell’HIV è, in genere, più lenta, mentre l’HTLV rimane a livelli di bassa endemia.
Tra gli agenti virali, l’HIV rimane una causa importante di morbidità e mortalità nei tossicodipendenti. Occorre però sottolineare che l’epidemiologia è andata progressivamente mutando, in Italia così come in altri paesi europei, e che la tossicodipendenza non rappresenta più la principale modalità di trasmissione dell’infezione. I dati del COA (Centro Operativo AIDS dell’Istituto Superiore di Sanità) evidenziano infatti come la distribuzione di nuovi casi in Italia sia andata progressivamente diminuendo tra i tossicodipendenti, mentre è salita la modalità di trasmissione per via sessuale (figura 1). L’infezione da HIV, di fatto, è risultata essere la principale causa di morte fra i tossicodipendenti negli anni ’90 in Italia, scavalcando l’overdose, che lo era stata sino ad allora. Il principale canale di diffusione era lo scambio di siringhe e/o aghi contaminati. La velocità di circolazione virale in assenza di interventi può essere molto elevata, come osservato in diverse città del globo, e può verificarsi un’ampia variabilità geografica anche in aree contigue. Il cambio dei comportamenti correlati alle pratiche assuntive ha determinato un rapido declino del tasso di incidenza di infezione da HIV nei tossicodipendenti. In Italia e Spagna il calo è stato di circa il 50% a metà anni ’80, 30% all’inizio degli anni ’90, e circa 15% a fine secolo.
I consumatori di cocaina mostrano un aumentato rischio di contrarre malattie infettive quali l’HIV ed epatiti virali. Ciò deriva dal fatto che aumenta la possibilità di adottare comportamenti a rischio in seguito al consumo della sostanza. La ricerca, infatti, ha mostrato che l’intossicazione e la dipendenza da cocaina possono compromettere la capacità di giudizio e di decision making e quindi potenzialmente condurre a comportamenti quali scambiare le siringhe, avere rapporti sessuali promiscui, commercializzare il sesso con la droga, ecc. Molti studi, infatti, mostrano che tra i consumatori di droghe, coloro che non si iniettano la sostanza contraggono il virus HIV tanto quanto quelli che non la iniettano. Ciò evidenzia ulteriormente l’importante ruolo ricoperto della via sessuale quale via di trasmissione dell’HIV nella popolazione.
Le infezioni della cute e dei tessuti molli costituiscono in assoluto la causa più frequente di ospedalizzazione dei tossicodipendenti per via parenterale. Tra i tipi di infezione vanno ricordate soprattutto le celluliti e la fascite necrotizzante, più comune nei tossicodipendenti e gravata da elevata mortalità.
Sono diversi gli agenti batterici in grado di provocare infezioni sistemiche nei tossicodipendenti. Lo streptococco beta-emolitico di gruppo A, ad esempio, frequentemente colonizza le superfici cutanee, ed è una delle cause più frequenti di setticemia. Batteriemia, infezioni delle vie respiratorie e del tratto genito urinario sono condizioni abituali tra chi fa uso di sostanze stupefacenti, e gli agenti eziologici più comunemente isolati sono Staphylococcus aureus e Staphylococcus epidermidis, seguiti da Pseudomonas. Una tipica sindrome febbrile del tossicodipendente è la cosiddetta cotton fever, malattia a decorso benigno, identificata nel 1975 in pazienti usi ad utilizzare cotone per filtrare l’eroina. Studi successivi ne hanno rivelato l’eziopatogenesi, che risulta riconducibile a endotossine prodotte da batteri gram-negativi, tra i quali Enterobacter agglomerans ed Eikenella corrodens.
Il tetano è stato descritto fra i tossicodipendenti negli USA negli anni ’50 e ’60. Attualmente si verifica sporadicamente ed è associato all’iniezione sottocutanea accidentale (skin popping o”fuorivena”).
Anche le polmoniti sono altrettanto comuni. Il polmone è infatti danneggiato da insulti infettivi, e non, nell’utilizzatore di sostanze. La tossicodipendenza di per sé, a causa della azione diretta di alcune sostanze d’abuso, principalmente assunte tramite inalazione, e la compromissione immunitaria dovuta all’infezione da HIV, aumentano il rischio di polmoniti batteriche. Tra gli agenti eziologici vi sono i più comuni agenti responsabili di infezioni polmonari comunitarie (pneumococchi ed emofili), con un aumentata incidenza di infezioni stafilococcihe e da Gram-negativi. Tra le patologie toraciche inusuali merita menzione, per le particolari modalità con cui viene provocato, il piopneumotorace. presenza simultanea nel cavo pleurico di aria ed essudato purulento. Infatti, l’iniezione nella fossa sopraclavicolare nel tentativo di raggiungere le vene giugulari, sottoclaveari e brachiocefaliche (pocket shot) può rendersi responsabile di ascessi, celluliti e talora, appunto, di piopneumotorace.
La tubercolosi (Mycobacterium tuberculosis) rappresenta nel tossicodipendente un’altra causa importante di malattia. La diffusione e la trasmissione del bacillo tubercolare sono in rapido aumento, sia in Europa, sia negli Stati Uniti. Anche prima della diffusione di HIV, la tubercolosi era considerata una patologia a maggiore incidenza tra i tossicodipendenti, e venivano segnalate le difficoltà di trattamento dovute alla limitata aderenza alle terapie. La maggior incidenza nei tossicodipendenti rispetto alle altre categorie a rischio, anche fra i soggetti con infezione da HIV, suggerisce una più elevata prevalenza di infezione latente. Tale assunto è confermato dal riscontro di percentuali di positività alla reazione tubercolinica nettamente maggiori rispetto alla popolazione generale, nonostante l’immunodepressione indotta da HIV sia in grado di ridurre o abolire la risposta cutanea alla tubercolina. è tuttavia probabile che, a differenza della maggior parte delle infezioni nei tossicodipendenti, la maggior incidenza di tubercolosi non sia direttamente associata all’uso della droga né alle modalità di assunzione o agli strumenti utilizzati per la sua preparazione, quanto piuttosto alle condizioni sociodemografiche e un più basso livello economico.
Un’altra grave patologia infettiva associata alla tossicodipendenza è l’endocardite batterica. La sua incidenza è stimata tra il 15 e i 20 casi per 1000 assuntori di sostanze stupefacenti per via endovenosa per anno. Descritte in associazione all’abuso endovenoso di sostanze stupefacenti già alla fine degli anni ’30, le endocarditi rappresentavano in alcune casistiche negli USA, nell’era pre-HIV, la seconda causa di ricovero ospedaliero dei tossicodipendenti dopo l’intossicazione acuta, e una fra le più frequenti cause di morte. In altre casistiche più recenti, le infezioni cardiovascolari rappresentavano una causa frequente di ricovero per patologie infettive comunitarie in tossicodipendenti, precedute peraltro da quelle riguardanti la cute, i tessuti molli e le vie respiratorie. La scarsa igiene nell’atto iniettivo fa si che un ruolo predominante nel causare infezioni endocardiche sia assunto dai batteri della flora cutanea. Caratteristicamente le endocarditi nel tossicodipendente sono più frequentemente sostenute da Staphylococcus aureus, ed interessano le sezioni destre del cuore (tricuspide). Rappresentano inoltre una causa comune di batteriemia (sino al 40% in alcune casistiche). In 2/3 dei casi si verificano su valvole precedentemente sane. Classicamente il paziente presenta sintomi da 1-2 settimane, ed in particolare febbre; sono spesso presenti segni d’infezioni in altre sedi (2/3 dei casi) ed i comuni sintomi respiratori (tosse, dolore toracico); rari invece i segni di insufficienza tricuspidale (1/3). è comune la compromissione del sensorio. Le emocolture sono positive nel 80-100% dei casi; l’ecografia transesofagea è sensibile (90-98%) e specifica (100%).
Encefalo e meningi sono un altro bersaglio importante di processi infettivi che conseguono all’abuso di sostanze stupefacenti. La maggior parte delle meningiti e degli ascessi cerebrali trae origine da stati setticemici o da emboli settici in pazienti con endocardite.
Tra i vari agenti batterici implicati, Staphylococcus aureus è il più frequentemente riscontrato.Il progressivo aumento dell’età media e l’associazione con alcolismo e condizioni di emarginazione sociale rendono non improbabile un incremento del rischio di meningiti pneumococciche.Il tossicodipendente presenta, inoltre, una più elevata incidenza di quadri infettivi a carico delle diverse porzioni anatomiche dell’occhio, superficiali o profonde.
Le infezioni profonde sono di regola dovute all’inquinamento del materiale iniettato. L’endoftalmite da Candida, già descritta dalla metà degli anni ’80, è l’infezione oculare profonda più frequente e spesso rappresenta la complicanza di una endocardite.
è stato suggerito che la fonte dell’infezione sia da riportare all’abitudine di leccare l’ago prima dell’iniezione. Più raramente, l’agente patogeno in causa è Aspergillus. Più recentemente, infine, è stata osservata un’endoftalmite da Fusarium in un assuntore di cocaina per via venosa.
I tossicodipendenti possono inoltre sviluppare infezioni del sistema scheletrico e articolare, secondarie alla disseminazione ematogena a partenza da focolai settici situati in altri organi, oppure, meno frequentemente, in conseguenza della diffusione per contiguità di infezioni di cute e tessuti molli.
Infine, è da sottolineare la possibilità di outbreak di malaria trasmessa, tramite aghi e/o siringhe scambiate da tossicodipendenti, come avvenuto in passato a NewYork o in Spagna,mentre si ipotizza la possibilità di trasmissione di alcune forme di leishmaniosi da parte di pazienti immunodepressi quali i tossicodipendenti con infezione da HIV.