Sperimentazioni in corso
La dipendenza da cocaina è un fenomeno purtroppo in espansione soprattutto nei paesi occidentali. Da ciò emerge la necessità di intervenire con trattamenti adeguati, che includano anche quelli di tipo farmacologico. In clinica esistono numerosi studi in corso per combattere la dipendenza da cocaina, alcuni dei quali sembrano essere promettenti.
Le terapie farmacologiche si sono sviluppate principalmente sull’evidenza che la cocaina comporta una modifica nella trasmissione di dopamina nel cervello. Si interviene, quindi, con farmaci in grado di bloccare i recettori della dopamina (sostanze antagoniste) per ridurre l’effetto gratificante della cocaina stessa, oppure con sostanze che mantengono un certo livello di dopamina nel cervello (agonisti) per evitare l’improvviso calo di dopamina che si verifica durante l’astinenza, allo scopo di ridurre le crisi (craving). Un altro approccio è quello di intervenire su altri neurotrasmettitori, quali la serotonina e la noradrenalina anch’essi coinvolti nella dipendenza da cocaina.
E’ importante inoltre, quando si parla di trattamenti, considerare le diverse fasi della dipendenza per individuare il meccanismo neurobiologico specifico per quella fase ed intervenire con modalità e trattamenti adeguati:
- iniziazione all’uso: in questa fase è la dopamina ad avere un ruolo cruciale con un effetto di rinforzo nei confronti della cocaina; le aree cerebrali interessate sono l’area tegmentale ventrale (VTA) e il nucleus accumbens (NcA);
- uso costante: coinvolgimento della dopamina nel NcA; ormone del rilascio della corticotropina (CRH) nell’amigdala e il glutammato nell’area frontale-cingolato;
- astinenza: ruolo cruciale del glutammato e della noradrenalina nel locus coeruleus;
- ricaduta dopo una lunga astinenza: noradrenalina e CRH coinvolti nello stress, nelle regioni cerebrali dell’amigdala e del giro anteriore cingolato; acido gammaminobutirrico (GABA) e il glutammato coinvolti nel comportamento compulsivo nei confronti della sostanza (indotto da segnali che ne evocano la presenza e inducono la ricaduta).
Di seguito si riportano alcune sperimentazioni cliniche e precliniche ad oggi in corso:
Sperimentazioni cliniche
N-acetilcisteina
L’N-acetilcisteina (NAC) è approvata per il trattamento di alcuni disturbi respiratori e, possedendo proprietà antiossidanti, trova indicazione anche nel trattamento della overdose da Paracetamolo (acetaminofenone). Alcuni studi clinici con l’uso di NAC hanno evidenziato sia una diminuzione dei sintomi dovuti all’astinenza da cocaina che una riduzione dell’uso della sostanza. Altre ricerche in corso di studio prevedono la somministrazione orale di NAC in concomitanza con terapie comportamentali (CBT) per provare l’efficacia nell’aumentare il numero di non utilizzatori di cocaina rispetto ad un gruppo di controllo che riceve solo terapie CBT.
Ondansetron
Questo farmaco, approvato come anti emetico, agisce sul recettore serotoninergico 5-HT3. L’antagonismo su questo recettore comporta un blocco dell’aumento di dopamina nel nucleus accumbens (NcA) rendendo l’ondansetron di interesse per possibili trattamenti. Uno studio clinico ha dimostrato che il farmaco (fino a 4 mg due volte al giorno) è ben tollerato e che ha aumentato il numero dei pazienti liberi da cocaina per una settimana, nello studio.
Modafinil
Il modafinil è un farmaco il cui meccanismo d’azione non è ben noto e che è attualmente in commercio per la cura dell’ipersonnia e della narcolessia. Sull’uso del modafinil per il trattamento della dipendenza da cocaina sono stati completati numerosi studi mentre altri sono ancora in corso come quello riportato in un recente articolo relativo ad una sperimentazione clinica in doppio cieco, con placebo. Lo studio è stato condotto su 210 pazienti per 12 settimane di trattamento con il farmaco modafinil e 4 di follow-up. I risultati hanno mostrato che la combinazione del modafinil con una terapia comportamentale individuale, ha aumentato il numero di giorni lontani dalla cocaina da parte dei pazienti (in assenza di comorbidità da dipendenza da alcol) ed ha ridotto la sindrome d’astinenza da cocaina.
Sperimentazioni precliniche
Inibitori selettivi del reuptake della dopamina
Inibitori selettivi del trasportatore della dopamina (DAT), con una azione più lenta ma di più lunga durata rispetto alla cocaina, potrebbero funzionare da antagonisti della cocaina stessa. Il composto RTI-336 è un analogo del 3-feniltropano che agisce con questo meccanismo di azione. Il composto ha mostrato una riduzione dell’autosomministrazione di cocaina su modelli animali di ratto e scimmia (rhesus monkey).
Ligandi del recettore D3
Gli antagonisti selettivi del D3 possono influenzare la capacità di ricadere nell’uso di cocaina in seguito a stimoli associati alla sostanza stessa. Numerosi antagonisti del recettore D3 sono in corso di sperimentazione (anche clinica, fase I). Questi composti hanno mostrato la capacità di inibire la ricerca di cocaina e l’autosomministrazione nei roditori.
Rilascio di dopamina e serotonina
L’astinenza da cocaina provoca un deficit dei neurotrasmettitori dopamina e serotonina nel cervello. La somministrazione di composti che aumentano il rilascio di uno dei due neurotrasmettitori o entrambi, è in grado di ridurre il desiderio di assunzione della cocaina.
Antagonisti del recettore cannabinoide CB1
I recettori CB1 sono espressi nei circuiti cerebrali della ricompensa, modulano gli effetti dovuti al rilascio di dopamina provocato dall’assunzione di sostanze d’abuso e sono coinvolti nella ricaduta verso numerose droghe.
Esperimenti su animali di laboratorio hanno evidenziato che il blocco dei recettori CB1 inibisce la ricaduta verso la ricerca della cocaina indotta da segnali o eventi che rievocano la sostanza. Inoltre, gli animali non hanno sviluppato dipendenza agli antagonisti dei CB1, indicando che questi prodotti potrebbero essere di interesse nello sviluppo di futuri trattamenti.
Antagonisti del fattore di rilascio della corticotropina (CRF)
IL CRF (CRH) è un neuropeptide che in situazioni di stress fisiologico o emotivo comporta il rilascio di ACTH. Studi preclinici hanno evidenziato che l’autosomministrazione di cocaina nelle scimmie (rhesus monkey) stimola il rilascio di ACTH e attiva l’asse HPA (ipotalamico-pituitario-adrenale) mentre la somministrazione di CRF promuove l’autosomministrazione di cocaina dopo un periodo di non uso. E’ stato osservato inoltre che in pazienti in trattamento per uso di cocaina, lo stress comporta una attivazione dell’asse HPA, favorendo le ricadute. Gli antagonisti selettivi del CRF1 attraverso una azione nella riduzione dello stress possono aiutare nel ridurre le ricadute.Un antagonista del recettore CRF1 in corso di studi è l’antalarmin che ha mostrato, in uno studio su topi, il blocco del potenziamento dell’effetto di ricompensa associato alla cocaina. Questo si verificava quando l’antarmin veniva somministrato prima di sottoporre gli animali a situazioni di stress.
Agonisti dell’acido gamma-aminobutirrico B (GABAB)
Numerosi studi evidenziano il possibile uso degli agonisti del recettore GABAB nel trattamento delle dipendenze. In particolare si riporta che il baclofen e altri agonisti del GABAB hanno un effetto sull’attività di rinforzo della cocaina.
Antagonisti del recettore metabotropico del glutammato (mGluR5)
Gli antagonisti del recettore metabotropico del glutammato (mGlu) attenua il reinstaurarsi della ricerca di cocaina in studi su ratti. Inoltre, a conferma di questo, l’attivazione proprio degli mGluR5 nel nucleus accumbens sembra promuovere il reinstaurarsi della ricerca di cocaina.
Cocaina esterasi
La cocaina esterasi (CocE) è un enzima batterico in grado di scindere le molecole di cocaina e ridurne gli effetti additivi. L’efficacia e l’idoneità della CocE per il trattamento della dipendenza da cocaina sono state sperimentate sinora su modelli animali, evidenziando una breve emivita nell’organismo.Un recente studio ha utilizzato una formula più stabile di cocaina esterasi (doppio mutante o DM CocE) in grado di ridurre significativamente il desiderio della sostanza e il rischio di morte per overdose. Lo studio è stato condotto su ratti addestrati ad auto-somministrarsi cocaina, riproducendo una situazione di dipendenza e di ricerca compulsiva della sostanza. I ratti trattati con il DM CocE ricercavano con meno frequenza la droga.Questa formula riduce il bisogno di assumere nuove dosi di cocaina, ma funziona solo con questa sostanza e non con sostanze analoghe, evidenziando, quindi, l’alto livello di specificità enzimatica. Inoltre l’enzima assicura una protezione a lungo termine contro gli effetti tossici di una dose potenzialmente letale, risultando promettente per lo sviluppo di nuovi approcci terapeutici per la prevenzione della tossicità indotta dall’uso di cocaina e per la dipendenza da essa.
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