Cocaina

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Xenobiocinetica Clinica
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Trattamento residenziale

Numerose ricerche condotte sia in USA, che in numerosi altri paesi europei, riportano un preoccupante aumento del consumo di cocaina.Negli USA il 14,2% della popolazione dichiara di averla usata almeno una volta nella vita, il 2,4% riporta un uso recente e il 5,1% l'ha assunta nell'ultimo anno (EMCDDA, 2006). Nell'Unione Europea il paese con il record di assunzione (prevalenza life-time) è l'Inghilterra: il 5,2% della popolazione generale l'ha usata nella propria vita (Haasen et al 2004, Prinzleve et al 2004). L'Italia non è esente dal problema.La situazione è favorita dall'abbassamento dei prezzi di acquisto e dalla facile reperibilità nei luoghi di ritrovo ricreazionale frequentati dai più giovani.L'aumento delle richieste di trattamento per dipendenza da cocaina quindi riflette i cambiamenti nelle nuove modalità di consumo e nei profili dei consumatori.


Trattamento residenziale

Il fenomeno dell’aumento di uso di cocaina procede in parallelo con altri fenomeni analoghi: l’aumento dei disturbi di controllo d’impulso, per esempio nella forma delle personalità borderline e antisociali e dei disturbi di iperattività infantile (ADHS).
La dipendenza da sostanze psicoattive, in particolare da cocaina, è in fondo un disturbo del centro del piacere, il nucleo accumbens/reward system, che a sua volta ha una precisa funzione nella evoluzione della società umana e dei mammiferi: dirige, attraverso il piacere, l’individuo e la specie in una direzione favorevole alla sopravivenza. Ma i piaceri non sono tutti uguali. Il piacere inatteso, ad esempio, è migliore di quello noto ed atteso. Ogni comportamento che provoca un piacere “migliore dell’atteso” provoca una attivazione dell’Area 10 e una scarica dopaminergica maggiore nel centro del piacere. Questo evento viene ricordato più intensamente e in modo durevole e ha un potente effetto di orientamento del comportamento. L’animale da esperimento si attiva per cercare di nuovo lo stesso piacere ed è in grado di superare ostacoli in altre situazioni inaffrontabili. Il nostro cervello impara solo dopo infinite ripetizioni, ma aumentando il piacere associato al comportamento, quanto più vengono ritenuti nella memoria il comportamento stesso e le associazioni alle circostanze dell’emozione piacevole.
La prima fragola di stagione assaggiata, rimane, anche a distanza di tempo, quella migliore. Dopo migliaia di fragole abbiamo nel cervello solo quella prima fragola, cui il nostro cervello attribuisce tanti profumi, gusti e forme. Se invece le comperiamo tutto l’anno, la fragola “tipo” è buona, ma non ha la medesima varietà di gusti e forme.
L’uomo si è evoluto nel gruppo dei suoi simili, e anche la biologia del piacere risente di questa caratteristica: il centro del piacere funziona meglio insieme ad altri individui umani. Spitzer (2002) afferma che la dopamina andrebbe chiamata “dopa-mean”, perché crea il significato, il vissuto di senso, dimostra la direzione del nostro fare e aiuta a vivere, perché tutto quello che serve in fondo piace.
Il problema inizia quando le persone assumono droghe e alcool per soddisfare il centro del piacere senza sforzi. A parità di sostanza è l’impatto sul soggetto che cambia a seconda dell’esperienza sociale da questo maturata. Una persona disabituata ad affrontare le difficoltà che la vita presenta ha, in genere, pochi strumenti per difendersi dalla forte stimolazione che il centro del piacere subisce per effetto della cocaina, e dall’orientamento del comportamento da questa causato.
Non è il senso di responsabilità, o dovere, che tutela dall’uso di sostanze stupefacenti e invita ad essere più sinceri, autentici e responsabili, ma è l’esperienza sociale stessa che, gratificando l’individuo, mantiene questo equilibrio. Se subentra l’assunzione di sostanze stupefacenti prima dell’esperienza positiva della condizione umana come animale sociale, la convivenza non viene imparata, nè trovata piacevole. L’empatia verso gli altri esseri e la consapevolezza di vivere in un complesso sistema di interazioni tra umani, animali, natura e spazio viene persa. Il risultato sarà una maggiore propensione al comportamento antisociale e sociofobico.
L’anestesia emotiva provocata dalla cocaina, e la minore incidenza che questa sostanza possiede sulla capacità di svolgere compiti pratici, la rendono estremamente affascinante.La neuroplasticità è quella caratteristica del sistema nervoso centrale capace di creare circuiti preferenziali nuovi, modificando la funzionalità celebrale stessa, in base al ripetersi di una certa esperienza emotiva e sensoriale. è la scoperta della neuroplasticità che ha dato senso scientifico e biologico a concetti come “esperienza emotiva correttiva”.
Stimoli emotivamente validi, gratificanti e ripetuti possono cambiare la situazione descritta creando nuove reti neuronali corrispondenti. La cura della dipendenza da cocaina in comunità terapeutica si basa su questo fenomeno, e la nostra esperienza in questo campo parte da qui.

Cocaina e personalità

Cloninger, nei suoi studi sull’alcolismo, descrive due tipologie di pazienti:

  • Tipo I: Soggetto precoce, più violento nel percorso; curabile con più difficoltà; associato forse ad una componente genetica, dato che nelle famiglie primarie spesso si trovano genitori con problemi di alcol. Gli alcolisti tipi 1 sono persone che cercano sensazioni intense (sensation seeking) e con scarso controllo dell’impulso.
  • Tipo II: Utilizzatore tardivo, più reattivo a traumi ed eventi accaduti nel corso della vita, più facilmente curabile (Nordstrom G., Berglund M., 1987).

Al fine di stabilire un trattamento adeguato è utile applicare ai cocainomani le tipologie di Cloninger.
In questo modo si può notare che il tipo I corrisponde al nuovo fenomeno descritto nel paragrafo precedente: persone che sviluppano dipendenza sulla base di una vulnerabilità emotiva maggiore, con reti neuronali più compromesse e con notevole necessità di maturazione ex novo di facoltà semplicemente non allenate: la facoltà di stare con altre persone, comunicare, vivere senza stimoli esterni sopportando e decifrando le proprie sensazioni ed emozioni in modo corretto senza agire immediatamente verso il mondo esterno, sopportare momenti di attesa e di frustrazione senza abbreviazioni, affrontare in modo fiducioso momenti di stress. La ricerca di continue novità corrisponde a un centro del piacere dipendente da stimoli esterni e non ricavati da fatiche e azioni previste dalla legge della sopravvivenza.
I casi più gravi di cocainomani tipo I sono anche classificabili come comorbili tra dipendenza da cocaina e disturbo di personalità borderline o antisociale (Hinnenthal e coll, 2001).
Il tipo II descrive persone con migliore strutturazione emotiva, abitualmente di età maggiore, che subendo un importante evento di vita, o comunque in situazioni di forte stress, utilizza la cocaina per stare meno male, “congelando” le emozioni negative (ma anche quelle positive). Secondo il modello postraumatico di Horowitz (1976) si tratta di persone che hanno subito un evento traumatico troppo pesante per le loro difese, magari sulla scia di una riattivazione di un grave shock precedentemente subito. I pazienti di tipo II hanno di solito una funzionalità sociale e lavorativa buona (Hinnenthal, Cibin, 2004).
Questa classificazione è importante dal punto di vista terapeutico. Infatti, il tipo I più frequentemente richiede un trattamento residenziale lungo e capace di contenere la tendenza alla impulsività, mentre il tipo II risponde bene a trattamenti ambulatoriali o a interventi residenziali breve.

Il trattamento

Gli approcci farmacologici alla dipendenza da cocaina presentano una efficacia limitata e in molti casi non sperimentalmente accertata. In particolare mancano strumenti farmacologici in grado di trattare il craving e di limitare la frequenza e la gravità delle ricadute.
In questo contesto grande interesse è rivolto alla validazione di percorsi psicoterapici specifici.Per effettuare queste sperimentazioni sono stati messi a punto protocolli di ricerca che tendono a garantire la riproducibilità dei risultati in situazioni così variabili e soggettive come le psicoterapie, definendone percorsi, durata e modalità. Sono stati pubblicati manuali che agevolano la riproducibilità dei principali approcci (Carroll, 2005; Woody, 2003).
Nel campo dipendenza da cocaina l’approccio psicoterapico maggiormente validato sperimentalmente è quello cognitivo-comportamentale della Carrol (1994). Grande stima è riposta anche nell'approccio riguardante la dipendenza da cocaina in comorbilità con il disturbo borderline di personalità di Marsha Linehan (2001, 2002).
Entrambe queste modalità psicoterapiche ad impronta cognitiva partono dal presupposto che le sostanze funzionino da regolatori emotivi esterni in persone con difficoltà ad attuare un controllo emotivo interiorizzato. L’astinenza deriva dal miglioramento delle capacità di regolazione emotiva e dalla acquisizione di abilità di prevenzione della ricaduta (Cibin e coll, 2001).
Il concetto della “vulnerabilità verso stress” che è stato sviluppato per spiegare meglio la complessità della sindrome borderline (Linehan, 2001) si è rivelato molto utile anche nel campo dell’alcolismo e della cocaina. Spiega in analogia ai concetti della neuroplasticità l’aumento di frequenza e gravità dei sindromi postraumatici: non esistono traumi oggettivi, lo stesso evento di vita potenzialmente traumatico ha conseguenze psichiche più gravi in soggetti con più vulnerabilità genetica, biografica e neuroplastica. La cocaina consumata come aiuto per tornare a un controllo emotivo ha effetti più devastanti in soggetti più vulnerabili e/o più traumatizzati.La mancanza di una farmacoterapia in grado di arginare il craving e l’uso di cocaina e le ricadute frequenti e travolgenti rendono spesso impossibile un corretto approccio di trattamento in setting ambulatoriale. è quindi importante disporre di programmi residenziali ove sia possibile condurre i trattamenti descritti in una situazione “protetta” sia dal punto di vista della sostanza, sia da quello del clima emotivo (esperienza emotiva correttiva). Negli approcci psicoterapici è infatti importante avere la possibilità di condividere il percorso con un gruppo di pari in una atmosfera calda e supportiva, tale da favorire quel processo di scongelamento che è il presupposto del lavoro psicoterapico, in particolare quello che affronta eventi vissuti come traumatici.


FONTI
  1. Serpelloni G., Macchia T., Gerra G. COCAINA. Manuale di aggiornamento tecnico scientifico. La Grafica, Vago di Lavagno (VR), 2006.
  2. Cibin M., Hinnenthal I., Levarta E., Manera E., Nardo M., Zavan V.: Prevenzione della ricaduta, motivazione al cambiamento, eventi vitali e sofferenza psichica nell’intervento alcologico, Bollettino per le farmacodipendenze e l’alcoolismo, 1, 2001, 9-13
  3. EMCDDA literature reviews - Treatmentof problem cocaine use, 2006
  4. Hinnenthal I., Cibin M., Vulnerabilità emotive, disturbo borderline e metadone. In: Il trattamento con metadone, a cura di Cibin M., Guelfi, G. P., Franco Angeli, Milano, 2004
  5. Hinnenthal I., Schmidt, R., Munizza, C., Falkai, P.: Alcol e personalità: Il „problema Borderline” in: L’alcologia nell’ambualtorio del medico di medicina generale, a cura di Cibin M., Mazzi, M., Ramazzo, L., Serpelloni, G., 2001, 385-392
  6. Linehan M.M., Trattamento cognitivo comportamentale del disturbo borderline. Il modello dialettico. Raffaello Cortina editore, Milano, 2001
  7. Nordstrom G., Berglund M., Type 1 and type 2 alcoholics (Cloninger & Bohman have different patterns of succesfull long-term adjustment. Br J Add, 1987, 82(7):761-0.
  8. Prinzleve M., Haasen C., Zurhold, H., Matali, J. l:, Bruguera E., Gerevich J., Bacskai, E., Ryder, N., Butler, S., Manning, V., Gosspo, M., Pezous A.M., Verster A., Camposeragna A., Andersson, P., Olsson B., Primorae A., Fischer G., Guttinger F., Rehm J., Krauzs M.: Cocaina use in Europe – a multicentre study: patterns of use in different groups, Eur Addisct Res, 2004; 10(4): 147-55