Complicanze cardiovascolari
Ischemia ed infarto del miocardio
L’ischemia e l’infarto miocardico acuto rappresentano la complicanze più frequenti associate all’uso di cocaina.
La prima segnalazione risale al 1982, da allora sono stati riportati più di cento casi di infarto miocardio. La cocaina sembra essere la causa di ischemia miocardia o infarto in pazienti con o senza danno coronario preesistente.
Il dolore retrosternale è presente nel 40% dei casi di accessi al pronto soccorso correlati all’assunzione di cocaina e nelle persone che si presentano ai reparti di emergenza lamentando un dolore toracico non traumatico dovrebbe essere sempre indagato l’ambito tossicologico ed in particolare l’uso di cocaina, tale sintomo infatti è quello di più comune riscontro nei cocainomani. Approssimativamente il 6% dei pazienti che afferiscono al pronto soccorso con tale quadro presentano innalzamento dei livelli enzimatici, in relazione al danno miocardio.
Le persone con infarto miocardio da abuso di cocaina sono indistinguibili dalla popolazione generale in quanto a tempo di insorgenza, localizzazione e durata del dolore, anamesi positiva per patologia cardiovascolare e presenza o assenza di dei tradizionali fattori di rischio per aterosclerosi.
Negli individui con infarto associato all’uso di cocaina, il tempo di insorgenza dei sintomi varia in relazione alla via di assunzione: da una media di 30 minuti per la somministrazione endovenosa, ai 90 per il crack e ai 135 per l’assunzione intranasale.
Alcuni studi angiografici hanno mostrato sia arterie coronariche normali che compromesse: approssimativamente un terzo dei pazienti aveva coronarie normali. In uno studio autoptico su cocainomani, si è riscontrata la presenza di lesioni coronariche stenosanti, con frequenza maggiore di quanto atteso per l’età.
I pazienti coinvolti sono relativamente giovani (età media 31-34 anni), più del 90% maschi apparentemente sani.
Inoltre in un recente lavoro, è stato evidenziato che il regolare uso di cocaina è stato associato all’incremento di infarto miocardio in giovani pazienti: approssimativamente 1 evento di infarto miocardio non fatale su 4 in persone tra i 18 ed i 45 anni.
Il rischio di insorgenza di infarto è massimo nella prima ora dopo l’assunzione (da 24 a 31 volte maggiore rispetto al rischio basale), e il rischio per la vita è stato stimato essere mediamente del 6% maggiore rispetto ai non assuntori. Bisogna comunque ricordare che la sua comparsa è stata riportata fino ad un periodo successivo di 15 ore.
La sua insorgenza inoltre è indipendente dalla via di assunzione e non sembrerebbe essere correlata alla dose assunta: si è osservata però, in studi sull’animale, una maggiore e più rapida tossicità per quantità > di 5 mg/kg e minore per dosi < 2 mg/kg.
Il monitoraggio elettrocardiografico di assuntori cronici, ha fatto registrare episodi ricorrenti di innalzamento del tratto ST durante la prima settimana di detossificazione, nel 40% dei casi.
Numerosi meccanismi sono sta proposti per spiegare la patologia ischemica a carico del miocardio nei pazienti con abuso di cocaina, ed in particolare: trombosi coronarica, aumento della richiesta di ossigeno da parte del miocardio, vasocostrizione coronarica ed accelerata aterosclerosi.
La aumentata aggregazione piastrinica con conseguente formazione di trombi a livello coronarico, rappresenta un’importante meccanismo nello sviluppo di infarto e sembra attribuibile ad una alterazione della funzionalità piastrinica e delle cellule endoteliali, indotte dalla cocaina. Il danno endoteliale si verifica in sede di vasospasmo arteriolare con conseguente formazione di trombo.
Per quanto riguarda l’aumento di richiesta di ossigeno da parte del miocardio, l’effetto simpaticomimetico della cocaina induce un aumento della frequenza cardiaca, ipertensione arteriosa ed aumento della contrattilità. Tutti fattori associati con aumentato fabbisogno di ossigeno da parte del cuore. In un contesto di stenosi coronarica, la cocaina può causare una discrepanza tra fabbisogno e fornitura di ossigeno a livello del tessuto miocardico, con conseguente ischemia.
Lo spasmo coronarico come causa di infarto, è stato ipotizzato per spiegare la sua evenienza in soggetti non coronaropatici. La vasocostrizione indotta da cocaina è dovuta principalmente agli aumentati livelli di catecolamine circolanti e conseguente stimolazione dei recettori α-adrenergici.
Quest’ultimo effetto è imputabile alla cocaina nel caso di sintomatologia ad insorgenza rapida, ai suoi metaboliti quando la sintomatologia anginosa compare tardivamente.
Alcuni studi autoptici hanno fatto riscontrare una aumentata prevalenza di lesioni aterosclerotiche in pazienti assuntori di cocaina, inoltre è con episodio fatale di infarto miocardico.
In sintesi quindi, si può affermare che la cocaina induce ischemia ed infarto miocardico attraverso fattori multipli, che vanno dalla marcata vasocostrizione coronarica, all’aumentata richiesta di ossigeno da parte del miocardio e danno vascolare con accelerazione dei processi aterosclerotici.
Cardiomiopatia
è stato dimostrato che la cocaina può indurre un deterioramento acuta della funzionalità sia sistolica che diastolica del ventricolo sinistro, direttamente, anche in assenza di infarto. Questa disfunzione ventricolare può essere attribuita all’effetto tossico diretto della sostanza, a miocardite o ad entrambe.
Negli assuntori cronici di cocaina si è riscontrata una ipertrofia ventricolare sinistra con importante disfunzione sistolica. In questo tipo di pazienti alcuni studi hanno descritto una cardiomiopatia dilatativa, così come una importante e reversibile depressione miocardia.
In sostanza quindi la cocaina causa compromissione della funzione sistolica del ventricolo cardiaco sinistro attraverso il concorso di più meccanismi. La cocaina induce ischemia subendocardica o infarto attraverso una potente stimolazione simpaticomimetica. L’esposizione ricorrente del miocardio all’eccesso di catecolamine può causare cardiomiopatia (testimoniata istologicamente da “necrosi a bande di contrazione” a livello subendoteliale), come osservato nei soggetti affetti da feocromocitoma. Infine, studi su animali hanno fatto rilevare come la cocaina induca un aumento dell’apoptosi dei miociti attraverso l’alterazione di citochine endoteliale e leucocitarie e l’induzione di variazione della composizione del collagene miocardico e della miosina.
Aritmie
L’uso di cocaina è correlato alla possibile comparsa di aritmie di vario grado. Le principali sono: tachicardia e bradicardia sinusale, tachicardia sopraventricolare, l’asistolia, blocco di branca, tachicardia e fibrillazione ventricolare, torsade-de-pointes, quadro di Brugada (blocco di braca destro, elevazione tratto ST in V1 V2 e V3).
Il preciso potenziale aritmogeno della cocaina non è ben definito; tuttavia, in parecchie occasioni il disturbo si verifica in un contesto di profonda alterazione emodinamica e metabolica come ipotensione, ipossiemia, vertigini o infarto miocardico.
è ipotizzabile comunque che la cocaina favorisca l’insorgere di aritmie cardiache attraverso più meccanismi. Come potente simpaticomimetico può aumentare l’eretismo ventricolare ed abbassarne la soglia di fibrillazione. Attraverso il blocco dei canali del sodio, impedisce la generazione e la conduzione dello stimolo elettrico (prolungamento del tratto QRS e dell’intervallo QT), agendo come un farmaco antiaritmico di classe I. Mediante l’aumento del calcio intracellulare, potenzia il rischio di insorgenza di aritmie ventricolari. Infine riduce l’attività vagale potenziando l’attività simpaticomimetica.
Inoltre l’uso prolungato di cocaina è associato ad ipertrofia ventricolare con aumento di spessore della parete, fattori associati ad aumentato rischio, oltre che di infarto, anche di aritmie cardiache.
Endocardite e miocardite
Negli assuntori di cocaina per via endovenosa è stata riscontrata una maggiore frequenza di endocardite, ed essa stessa sembra essere un fattore di rischio indipendente rispetto ad altre sostanze iniettate per la stessa via. L’uso endovenoso è associato in particolare ad un aumentato rischio di endocarditi batteriche. Il motivo di questo incrementato rischio non è del tutto chiaro. L’aumento della frequenza cardiaca e della pressione sistolica che accompagna l’uso di cocaina può provocare insulti vascolari e valvolari, che predisporrebbero all’ingresso di patogeni.
Anche la maniera con cui è preparata la sostanza potrebbe spiegare l’aumentato rischio di endocarditi: l’eroina viene scaldata prima di essere iniettata, la cocaina no. Infine i suoi effetti immunosoppressivi e la presenza di sostanze adulteranti usate come “taglio”, potrebbero anch’essi esercitare un ruolo.
In contrasto alle endocarditi provocate da altre sostanze d’abuso, l’endocardite da cocaina coinvolge più spesso le cavità sinistre del cuore.
La concomitante assunzione di sostanze presenti nella polvere assunta o di agenti infettivi può causare anche miocardite.
Dissecazione aortica
La dissecazione aortica o la sua rottura costituiscono una possibile drammatica evenienza tra gli assuntori di cocaina, in particolare per via inalatoria (crack). Tale eventualità deve essere presa in considerazione in caso di dolore toracico nei cocainomani. Il meccanismo alla base di tale quadro clinico sembra essere riconducibile all’ipertensione arteriosa e all’aumento delle catecolamine causate dalla cocaina.
In aggiunta alla rottura dell’aorta è stato osservato anche un incremento della prevalenza di aneurismi delle coronarie, che contribuiscono all’insorgenza di infarto miocardico.
Ipertensione arteriosa
L’ipertensione arteriosa ed in particolare le crisi ipertensive, sono di frequente riscontro negli assuntori di cocaina.
La genesi di questi quadri clinici sembra essere da ricondurre principalmente alla vasocostrizione periferica indotta dal mancato reuptake delle amine vasoattive, ma anche da un deficit dei riflessi dei barocettori, come studi recenti dimostrerebbero. Tale stato contribuisce in maniera importante alla genesi dei quadri patologici cardiaci.
Flebiti e tromboflebiti
Altre possibili conseguenze dell’uso di cocaina sono le tromboflebiti superficiali e profonde, che si realizzano con meccanismi riconducibili all’azione di vasocostrizione, di stimolo alla aggregazione piastrinica caratteristiche della droga e anche al possibile meccanismo irritativo provocato da sostanze da taglio presenti nei preparati in uso.
Associazione con fumo ed alcool
Molti pazienti con angina pectoris o infarto, associati ad assunzione di cocaina, sono contemporaneamente anche fumatori di sigarette. Il fumo di sigaretta provoca vasocostrizione coronarica attraverso una stimolazione α-adrenergica, come la cocaina. Studi recenti hanno dimostrato che gli effetti deleteri della cocaina sul fabbisogno di ossigeno da parte del miocardio, sono esacerbati dal concomitante fumo di sigaretta. Questa associazione incentiva l’aumento della frequenza cardiaca e l’ipertensione arteriosa; combinazione che determina un aumento del fabbisogno di ossigeno da parte del miocardio con una contemporanea diminuzione del diametro delle arterie coronariche.
Nel poliabuso di sostanze una combinazione molto comune è quella costituita da cocaina ed alcool. Un’indagine americana ha rilevato che circa 9 milioni di persone li assume contemporaneamente. L’assunzione concomitante di queste due sostanze è associata con un maggior tasso di esiti e morte improvvisa rispetto all’uso disgiunto; si stima infatti che questo rischio sia di 20 volte maggiore, come riscontrato nell’ambito di reperti autoptici di patologie cardiovascolari. Si è infatti ipotizzato che vi sia un effetto sinergico o additivo tra le due sostanze che si riflette in maniera catastrofica sul sistema cardiovascolare, dovuto anche alla presenza di metaboliti della cocaina biologicamente attivi, come il cocaetilene.
Complicanze neurologiche
La cocaina agisce come uno stimolante del sistema nervoso centrale attraverso l’inibizione del reuptake della dopamina, serotonina e norepinefrina; inoltre causa rilascio di quest’ultima sostanza anche dalle ghiandole surrenali. L’intensità e la durata dell’effetto stimolante è in funzione dalla via di assunzione e dalla conseguente velocità di raggiungimento del picco plasmatico. Numerosi sono i quadri neurologici associati all’uso di questa sostanza e qui di seguito ne verranno illustrati i principali.
Cefalea e convulsioni
La cefalea rappresenta un sintomo di frequente riscontro, conseguente all’ipertensione arteriosa e può insorgere sia durante l’assunzione della cocaina che nella fase astinenziale.
Le convulsioni appaiono con una certa frequenza e sono considerate una manifestazione severa di tossicità. Assieme alle alterazioni del sensorio, le convulsioni sono le sindromi neurologiche più frequentemente osservate nei dipartimenti di emergenza, raggiungendo il 52% dei quadri. La frequenza di tali episodi di per sé è stata riportata con frequenza diversa, dall’1% al 29% delle osservazioni, verosimilmente in relazione al continuo incremento dell’uso di questa droga.
Le convulsioni correlate alla cocaina possono manifestarsi sia negli assuntori cronici che nei naïve e soprattutto come manifestazione di overdose.
Sono solitamente generalizzate, tonico-cloniche e si risolvono senza necessità di intervento farmacologico. Non sembra esserci relazione con il tempo di assunzione, infatti la loro comparsa può essere immediatamente successiva l’assunzione che manifestarsi dopo parecchie ore.
Il meccanismo patogenetico ipotizzato è riconducibile all’aumentata concentrazione di serotonina nello spazio sinaptico.
Ictus (stroke)
Le complicanze vascolari cerebrali, siano esse di natura ischemica o emorragica, possono rappresentare una evenienza drammatica dell’abuso di cocaina.
La prevalenza di tali lesioni è molto diversa dalla popolazione generale dove lo stroke è di natura prevalentemente ischemica (85% dei casi) ed interessa soprattutto la popolazione in età avanzata (80% dei casi), mentre negli assuntori di cocaina l’età media si aggira intorno ai 30-34 anni.
Nel 50% dei casi il quadro neurologico insorge dopo qualche ora dall’assunzione della sostanza, ma talvolta può manifestarsi a parecchie ore di distanza da un uso massiccio (binge).
I quadri ischemici ed emorragici di stroke si manifestano con uguale frequenza con l’uso di cocaina come alcaloide; mentre l’assunzione di cocaina idrocloride è associata nell’80% dei casi con la comparsa di lesioni emorragiche e, nel 50% di questi casi si è riscontrata la concomitante rottura di lesioni aneurismatiche o malformazioni vascolari preesistenti.
In uno studio coinvolgente 3700 pazienti assuntori di cocaina, il 54% di coloro che presentavano anomalie radiologiche cerebrali, avevano avuto un episodio ischemico cerebrale. Nell’83% di questi ultimi si è riscontrata una lesione di tipo infartuale che interessava il territorio dell’arteria cerebrale media.
Gli infarti sono in genere subcorticali e verosimilmente gli episodi ischemici sono più frequenti di quanto osservato. Infatti si sono riscontrati, con metodiche di neuroimaging, lesioni ischemiche cerebrali che non avevano esitato in quadri clinici evidenziabili.
I meccanismi che stanno alla base delle lesioni di natura ischemica sono riconducibili al vasospasmo arterioso come conseguenza diretta dell’azione della cocaina (interferenza sui canali cellulari del calcio e azione simpaticomimetica), all’attivazione dell’aggregazione piastrinica e non da ultimo all’induzione di quadri vasculitici cerebrali. L’azione vasocostrittrice sarebbe inoltre dovuta anche ai metaboliti della cocaina che, avendo una emivita più lunga potrebbero spiegare l’insorgenza dell’ictus anche a distanza.
Nei quadri emorragici (46% dei casi), i reperti erano equamente rappresentati da emorragia intracerebrale e subaracnoidea.
L’emorragia intraparenchimale rappresenta una complicazione frequente e ben conosciuta; la sua localizzazione può variare per manifestazione e sede, anche se è più spesso centrale, nella regione talamica e del putamen.
Diversi meccanismi sono implicati nella sua genesi. Fatti emorragici possono comparire in aree precedentemente ischemiche; la riperfusione di queste aree può spiegare la comparsa di emorragia. Il transitorio incremento della pressione arteriosa sistemica può contribuire all’instaurarsi di una emorragia. Infine fatti embolici a seguito di aritmie o infarto miocardico possono produrre in alcuni pazienti lesioni di natura emorragica.
Il secondo tipo di emorragie intracraniche in relazione all’uso di cocaina, sono le emorragie subaracnoidee, che talvolta compaiono anche in soggetti con emorragie intraparenchimali.
Frequentemente questi pazienti presentano delle anomalie vascolari preesistenti come aneurismi del poligono del Willis. In questo contesto può giocare un ruolo importante l’ipertensione arteriosa transitoria che si verifica dopo l’uso di cocaina; questa ipotesi trova conferma in quei casi in cui l’emorragia si verifica entro pochi minuti, in stretta relazione quindi con il transitorio innalzamento dei valori pressori.
Come si è già detto la maggior parte dei pazienti con stroke cocaina-correlati sono di età inferiore giovane ed in uno studio su pazienti con ictus tra i 17 ed i 44 anni, il 34% degli episodi era associato con l’uso ricreazionale di sostanze. Nei pazienti con età inferiore ai 35 anni tale tipo di associazione saliva al 47% e la sostanza d’abuso più frequente era la cocaina.
Movimenti involontari
A livello dello striato l’uso cronico di cocaina diminuisce la densità dei recettori di tipo 1 della dopamina, ma non quelli di tipo 2. L’antagonismo della funzione nigrostriatale della dopamina può causare disfunzioni nei motoneuroni extrapiramidali con distonie muscolari, bradicinesia, acinesia, acatisia, pseudoparkinsonismo e catalessi.
Anche l’uso cronico di cocaina provoca una netta diminuzione dei livelli di dopamina e quindi, la droga, può diventare di per sé un fattore di comparsa di reazioni distoniche.
In particolare le distonie sono un disturbo del movimento caratterizzato da contrazioni muscolari involontarie, che costringono alcune parti del corpo ad assumere posture o movimenti anormali e spesso dolorosi.
I neurolettici sono i farmaci di cui è conosciuta la possibilità di causare distonie per la loro azione di blocco dei recettori dopaminici a livello nigrostriatale. In questo senso la cocaina può costituire un importante fattore di rischio per la comparsa di tali quadri in persone che assumono neurolettici.
Delirio eccitatorio
Il delirio con agitazione, conosciuto anche come delirio eccitatorio, è un quadro di comune riscontro tra coloro che muoiono a causa di tossicità da cocaina. Negli Stati Uniti tra il 1979 ed il 1990, tale quadro clinico risultava l’evento terminale di 1 caso su 6.
Nei pazienti che presentano delirio con agitazione si ha l’immediata comparsa di comportamento bizzarro e violento che include aggressione, combattività, iperattività, ipertermia, paranoia, energia inaspettata e/o grida incoerenti. Tutto questo era seguito da arresto cardiorespiratorio.
La frequenza d’uso della sostanza che aumenta il rischio di delirio non è determinata, tuttavia ripetuti binge sono associati alla comparsa di tale evento fatale.
Gli individui con delirio eccitatorio sembrano essere più sensibili agli eventi fatali associati all’aumento delle catecolamine circolanti, rispetto agli altri individui che usano cocaina.
Il delirio sembra scatenato da un aumento delle concentrazioni di dopamina dovuto ad un difetto nella regolazione del suo transporter; di conseguenza vi è un accumulo di dopamina intrasinaptico, condizione che facilita la comparsa di agitazione e delirio.
L’ipertermia aumenta l’incidenza del delirio eccitatorio. Il decesso per quest’ultimo è più comune nei mesi estivi (55% contro il 33% delle alre morti accidentali per cocaina); perciò l’elevata temperatura ambientale l’umidità possono giocare un ruolo importante nel suo sviluppo.
Manovre costrittive attuate in caso di delirio possono costituire un fattore aggravante, soprattutto quando il paziente si trova in posizione prona. La morte improvvisa durante una costrizione in posizione prona può essere causata da una serie di fattori: aumento dello stress catecolaminico cardiaco, aumento della domanda di ossigeno a livello del cuore e dei polmoni, insufficienza respiratoria per la difficoltà di espansione della parete toracica e del diaframma.
Complicanze polmonari
I dati riguardanti l’effetto della cocaina ed in particolare del crack, sulla funzione polmonare, misurati con i test standard, sono variabili. Tuttavia si è riscontrata una modesta. ma significativa alterazione della capacità di diffusione polmonare, negli assuntori di crack rispetto ad altre sostanze, in un terzo dei casi.
Una diminuzione della capacità di diffusione di solito implica un danno della membrana alveolo-capillare. Il meccanismo di questa alterazione non è chiaro, ma sono state proposte alcune teorie al riguardo: danno diretto della membrana alveolo-capillare, danno del letto vascolare polmonare, danno interstiziale in caso di concomitante uso endovenoso.
Due ulteriori fattori di confondimento che possono concorrere all’alterazione della capacità di diffusione polmonare possono essere la presenza di anemia (che diminuisce la capacità di diffusione) e l’emorragia alveolare (che può aumentare la capacità di diffusione).
Quadro respiratorio acuto
I polmoni sono i principali organi esposti ai prodotti di combustione dell’assunzione di cocaina per via inalatoria (crack).
La sintomatologia acuta respiratoria compare di solito dopo alcune ore, ma in alcuni casi anche dopo minuti.
I disturbi polmonari acuti comprendono: tosse con produzione di catarro di colore scuro, dolore toracico con o senza dispnea, emottisi, esacerbazione di asma.La tosse risulta essere il sintomo di esordio più comune (44% dei casi). Il meccanismo che la provoca non è del tutto chiaro, ma una possibile spiegazione potrebbe essere ricondotta alla presenze di sostanze nocive nel prodotto inalato che irritano l’epitelio delle vie respiratorie.
La produzione di catarro carbonaceo (black sputum) è caratteristico degli assuntori di crack ed è attribuibile alla inalazione di residui carbonacei presenti nelle torce di cotone imbevute di butano o alcool, utilizzate per riscaldare la cocaina.
Il dolore toracico (38% dei casi) di solito compare dopo circa un’ora dalla assunzione della droga e viene esacerbato dall’inspirio profondo. Il meccanismo che induce il dolore toracico rappresenta la risposta sensoriale locale della irritazione acuta della vie respiratorie dovuta sia all’elevata concentrazione di cocaina inalata, che ai prodotti di combustione del crack. è verosimile che sia il dolore toracico che lo sputo carbonaceo siano in relazione alla tecnica con cui si riscalda il crack, con l’utilizzo prevalente di butano che contribuisce all’irritazione delle vie respiratorie. In caso di comparsa di dolore toracico devono comunque essere escluse anche altre cause del sintomo quali: ischemia o infarto miocardio acuto, pneumotorace o pneumomediastino.
L’emottisi viene riportata dal 6 al 26% dei casi. Il sanguinamento può essere dovuto sia alla rottura di vasi bronchiali o della mucosa tracheale, che originare dalla membrana alveolo-capillare.
Asma
Numerosi autori hanno riportato casi di esacerbazione di quadri asmatici in pazienti assuntori di crack. Tra i pazienti con un nuovo episodio asmatico, afferenti a strutture di emergenza negli Stati Uniti, il 36.4% è stato riscontrato positivi alla ricerca dei metabolici urinari della cocaina. Il meccanismo scatenante il broncospasmo è da porre verosimilmente in relazione a flogosi dell’epitelio respiratorio da parte sia della cocaina che dalle altre sostanze presenti nelle preparazioni da strada.
Malattia eosinofila polmonare e polmonite interstiziale
In soggetti con uso inalatorio di cocaina, in parecchie occasioni, è stata riscontrata la presenza di eosinofilia polmonare. Inoltre vi sono parecchie segnalazioni di polmonite interstiziale associate all’uso di crack. Tali quadri si accompagnano dal punto di vista sintomatologico a febbre, tosse, dispnea, ipossiemia ed infiltrati periferici polmonari con eosinofilia ed elevate IgE sieriche.
Pneumotorace, pneumomediastino e pneumopericardio
Pneumotorace e pneumomediastino costituiscono due possibili conseguenze dell’uso inalatorio di cocaina ed in particolare di crack. I soggetti presentano usualmente dolore toracico e dispnea. La diagnosi radiologica è facilitata dalla osservazione di raccolta retrosternale di gas nella proiezione laterale e la dislocazione laterale della pleura mediastinica. La causa di questi barotraumi sembra essere attribuibile ad aumento della pressione intraalveolare causata da profonda inalazione seguita da manovra di Valsalva (praticata per aumentare l’effetto della sostanza) o da tosse severa scatenata dalla cocaina. La conseguente rottura alveolare porta a diffusione di aria, attraverso il connettivo peribronchiolare, nello spazio mediastinico, pericardico e pleurico. Infine anche la presenza di processi infiammatori del parenchima polmonare può contribuire alla rottura degli alveoli.
Nell’assunzione di cocaina per via endovenosa è stata riportata la pratica di iniezione della sostanza a livello della vena giugulare interna (“pocket shot”), dirigendo l’ago, a livello del collo, nella depressione sopraclaveare e verso il muscolo sternocleidomastoideo. Questi tentativi possono lacerare la pleura apicale e/o i vasi sanguigni provocando pneumotorace ed emotorace. Di solito questo interessa soprattutto il lato sinistro, data la prevalenza di soggetti destrimani.
La diagnosi differenziale include la perforazione dell’esofago e i tumori.
Edema polmonare
L’edema polmonare non cardiogenico è una complicanza dell’uso di cocaina sia per via endovenosa che inalatoria. La radiografia polmonare mostra usualmente infiltrati periilari, interstiziali ed alveolari bilaterali e speso simmetrici. La causa è da ricercare probabilmente all’azione delle catecolamine circolanti, associato o meno ad un effetto diretto della cocaina a carico degli alveoli polmonari. In quasi tutti i casi vi è una stretta relazione temporale tra la quantità di crack inalato (1 grammo o più) e la comparsa dei sintomi (di solito entro 1 o 2 ore dall’inalazione). La dispnea è il sintomo sempre presente. Quadri di edema polmonare cardiogenico sono invece conseguenti a ischemia ed infarto miocardio o alla transitoria insufficienza ventricolare sinistra, dovuta alla vasocostrizione periferica mediata dalle catecolamine.
Emorragia ed infarto polmonare
Una comune manifestazione dell’abuso di cocaina è costituita da emorragia polmonare diffusa con dispnea ed emottisi, anche se non sempre riportata in maniera adeguata in letteratura. Più comune è l’evenienza di una emorragia polmonare occulta; tale quadro è stato riscontrato, a livello autoptico, nel 30% dei soggetti con morte improvvisa in seguito ad overdose di cocaina. L’emorragia polmonare è verosimilmente in relazione a estrema vasocostrizione della vascolarizzazione polmonare con conseguente ipossia tissutale.
Più rara è la possibilità di infarto polmonare come conseguenza di vasospasmo localizzato e trombosi.
“Crack lung”
In soggetti forti fumatori di crack è stato descritto un quadro clinico denominato “crack lung”. Tale quadro può contemplare varie combinazioni sintomatologiche come febbre, dolore toracico, tosse con emottisi, dispnea, broncospasmo, prurito, emorragia, edema ed interstiziopatia polmonare. A livello tissutale si riscontrano infiltrati alveolari senza effusioni ed eosinofilia, presente anche a livello sistemico. Dal punto di vista radiologico si può avere un reperto simile all’embolia polmonare. I possibili meccanismi coinvolti sono molteplici: vasocostrizione polmonare con anossia epiteliale e conseguente danno tissutale con emorragie alveolare ed edema; effetto tossico diretto delle sostanze inalate; trombocitopenia indotta dalla cocaina.
Questo sindrome si presenta in genere da 1 a 48 ore dopo l’assunzione di crack.
Bronchiolite obliterante
Un quadro di insufficienza respiratoria con un reperto bioptico di bronchiolite obliterante e polmonite è stato riscontrato in assuntori di cocaina per via inalatoria. La manifestazione clinica comprende febbre, tosse secca, dispnea, ostruzione delle vie respiratorie e opacità nodulari bilaterali a livello radiologico.
Danno acuto delle vie respiratorie
Un’altra possibile complicanza polmonare dovuta al crack è costituita da un severo danno termico delle vie respiratorie dovuto sia al rapido ed elevato riscaldamento intratracheale causato dall’alcol impiegato per il processo di assunzione della sostanza, che ad insulto chimico da parte dei prodotti chimici inalati. In seguito a questo danno si può verificare una flogosi acuta delle vie respiratorie con possibile stenosi tracheale, che può richiedere una risoluzione chirurgica.
Complicanze gastrointestinali
Le complicanze gastrointestinali dovute all’uso di cocaina sono meno frequenti di quelle precedentemente descritte, tuttavia possono costituire ugualmente un evento drammatico. Anche in questo caso il meccanismo principale è da ricondurre all’azione delle catecolamine stimolate dall’assunzione della droga.
Stomatiti e glossiti
Quadri infiammatori a carico della mucosa della bocca e linguale sono stati descritti in soggetti cocainomani. Tali quadri sono caratteristici dei soggetti che masticano la cocaina.
Ischemia e perforazione intestinale
In ambito addominale sono stati descritti quadri di perforazione a tutti i livelli del tratto intestinale: prepilorica, gastroduodenale e mesenterica. In seguito all’ingestione della sostanza compaiono dolore addominale e debolezza, con accompagnamento di nausea, vomito e melena. L’insorgenza dei sintomi può variare da 1 ora fino a 48 ore dopo l’uso.
Le complicanze addominali variano a seconda che si assuma cocaina o crack.
L’abuso di cocaina può causare ischemia mesenterica e gangrena, con possibile perforazione a carico del piccolo e del grosso intestino e conseguente emorragia peritoneale. L’ileo distale è il più comunemente interessato, ma vi sono segnalazioni di gangrena che coinvolge qualsiasi parte del piccolo intestino. Il meccanismo patofisiologico è il vasospasmo arteriolare o la vasocostrizione indotti dalla cocaina e che porta a ischemia intestinale con necrosi mucosa e transmurale. Un meccanismo alternativo può essere costituito dalla trombosi mesenterica causata dall’aggregazione piastrinica con il successivo rilascio di mediatori vasoattive. Quest’ultimo costituisce un processo cronico che interessa pazienti giovani che presentano dolore addominale aggravato dall’ingestione di cibo e perdita di peso: sintomi classici dell’angina mesenterica. La mortalità associata a queste complicanze può essere alta (fino al 21%), specialmente in presenza di gangrena.
In seguito all’uso di crack la causa più comune di addome acuto è costituita da perforazione duodenale prepilorica. Inoltre possono presentarsi problemi simili a quelli incontrati nell’abuso di cocaina, quali gangrena intestinale con perforazione del tratto alto. Con l’abuso di crack può insorgere anche una colite ischemica, che si presenta con dolore addominale e melena. Il meccanismo del danno indotto dal crack è sempre quello della vasocostrizione con conseguente ischemia e necrosi della parete. Una possibile spiegazione del maggior interessamento del tratto intestinale alto potrebbe essere il suo documentato effetto sulla motilità gastrica e l’incremento della pressione intragastrica a causa dell’aumento dell’aria inghiottita e del trattenimento del respiro.
I quadri di ischemia ed infarto intestinale sono osservati più frequentemente nei body packer.
Epatopatia
Alcune osservazioni cliniche hanno riportato una correlazione tra alterazioni della funzionalità epatica nel poliabuso di sostanze e nell’assunzione non parenterale di cocaina. Tali osservazioni sono molto importanti in quanto, ogni alterazione della funzionalità epatica indotta da cocaina (sul citocromo p-450 o sul sistema della monoossigenasi), può conseguentemente rallentare il metabolismo della droga stessa e aumentare la presenza di metabolici, a loro volta con proprietà vasoattive.
L’azione citotossica risulta più marcata se il soggetto abusa anche di alcool, per la epatotossicità del cocaetilene.
Infine sono stati riportati anche casi di infarto splenico.
Complicanze renali
Insufficienza renale acuta
L’insufficienza reale acuta dovuta a necrosi tubulare, è la complicanza renale di più frequente riscontro. Tale quadro si verifica in seguito a rabdomiolisi, dovuta ad episodi convulsivi, allo stato ipertensivo e ad ipertermia.
Infarto renale
L’infarto renale dovuto ad abuso di cocaina solitamente si presenta con dolore persistente e severo al fianco o dolore addominale associato con nausea o vomito con o senza febbre. La comparsa dei sintomi avviene usualmente dopo 2-3 ore dall’uso della sostanza, ma può comparire tardivamente fino a 4 giorni dopo. Tutte le vie di assunzione della cocaina possono portare a tale complicanza.
La sintomatologia renale può, in alcuni casi, un dolore suggestivo per infezione delle vie urinarie o nefrolitiasi.
La patofisiologia è multifattoriale e coinvolge variazioni della emodinamica renale, alterazioni della sintesi della matrice glomerulare, stress ossidativi e possibile induzione di aterosclerosi. Tuttavia gli effetti vasocostrittori e l’effetto trombogenico della cocaina sembrano essere i fattori dominanti nell’infarto renale correlato alla sua assunzione. L’effetto aterogenico della cocaina e la sua correlazione con l’infarto renale, sembra essere correlato più ad un effetto a lungo termine che ad un fatto acuto. Infine la cocaina sembra anche favorire la slatentizzazione di una patologia renale preesistente.
Dal punto di vista immunologico si è rilevato che la cocaina può causare proliferazione mesangiale con conseguente comparsa di glomerulosclerosi segmentale.
Complicanze ostetriche e neonatali
In questi ultimi anni si è verificato un sostanziale aumento del consumo di cocaina in gravidanza ed è parallelamente aumentato l’interesse nello studio delle alterazioni conseguenti all’uso di tale sostanza nel corso della gestazione. L’uso di cocaina in gravidanza è chiaramente in relazione all’incremento di problematiche sia per la prosecuzione della gestazione, che per la susseguente crescita e sviluppo fetale.
Complicanze ostetriche
Con l’assunzione di cocaina durante la gravidanza è stata riportata una maggiore frequenza di aborto spontaneo, sanguinamento per placenta previa e rottura placentare, prolungata rottura delle membrane, ritardo della crescita intrauterina e prematurità fetale. Vi è l’evidenza sperimentale di aumento della pressione materna dose-dipendente con concomitante diminuzione del flusso placentare. La resistenza a livello della vascolarizzazione uterina aumenta in relazione alla dose di cocaina assunta e queste variazioni vascolari sono accompagnati da marcata tachicardia, ipertensione ed ipossiemia fetale.
L’aumentata incidenza di aborto spontaneo e rottura placentare è correlata direttamente alla vasocostrizione placentare, diminuzione dell’apporto ematico placentare ed aumento della contrattilità dell’utero. Questi fattori, in aggiunta alla marcata ipertensione sistemica concomitante all’uso di cocaina, possono favorire la rottura placentare. L’assunzione cronica di cocaina comporta la diminuzione del flusso ematico placentare con insufficienza utero-placentare. Tutto ciò gioca un ruolo importante nel ritardo di crescita e sviluppo endouterino del feto.
Complicanze neonatali
La cocaina è in grado di superare la barriera placentare e si accumula nei tessuti fetali a concentrazioni maggiori di quelle osservate nel plasma materno.
La caratteristica azione vasocostrittrice della sostanza può inoltre, a livello dell’arteria ombelicale, ridurre il flusso ematico con conseguente ipossia fetale che sembra essere uno dei fattori responsabili delle alterazioni nei neonati.
Molti lavori clinici indicano che i figli di madri assuntrici di cocaina durante la gravidanza, presentavano un peso alla nascita inferiore ai controlli, così come ridotta era la loro circonferenza cranica. Tali ricerche hanno evidenziato un aumento dei movimenti del feto, una maggiore irritabilità e presenza di “scatti”, indipendentemente dalla dose assunta e dal tempo di assunzione.
Da quando è apparsa la prima segnalazione che descriveva alterazioni comportamentali in neonati esposti in utero a cocaina, un considerevole numero di ricerche ha focalizzato la propria attenzione su tale problema. In genere è stata riportata una ridotta capacità di interesse, una diminuita abilità a fornire risposte appropriate agli stimoli, una maggiore irritabilità e una iporeflessia. Osservazioni longitudinali rivolte alla valutazione di possibili disturbi cognitivi nei bambini esposti in utero a cocaina hanno evidenziato significative alterazioni del linguaggio e del QI.
Recenti studi hanno dimostrato che bambini esposti a cocaina nel periodo gestazionale esibivano sottili alterazioni del comportamento: maggior irritabilità, disturbi dell’attenzione e maggiore impulsività e ridotta capacità attentiva soprattutto in situazioni di confronto e di competizione nell’ambito del gruppo e della scuola.
In sintesi quindi i bambini esposti alla cocaina in utero presentano deficit cognitivi che possono protrarsi fino al secondo anno di vita.
Infine vi sono segnalazioni che l’esposizione fetale alla cocaina può causare anomalie di varia natura: cuore, polmoni, fegato, genitali e sistema nervoso. In particolare a livello cardiaco si possono riscontrare difetti settali atriali e ventricolari, ipoplasia sia destra che sinistra. Inoltre l’esposizione prenatale alla cocaina è associata a coartazione aortica, stenosi polmonare periferica, prolasso valvolare aortico ed aritmie. Il meccanismo che induce tale tipo di malformazioni sembra essere correlato ad una maggiore sensibilità miocardia all’ischemia e all’induzione di apoptosi a livello miocardico, da parte della cocaina.
Complicanze della performance sessuale
La cocaina è una droga d’abuso con effetti sessuali acuti e cronici del tutto opposti. Grazie alla sua azione dopaminergica, essa aumenta il desiderio e l’eccitazione mentre, parallelamente, inibisce l’orgasmo in entrambi i sessi.
Il mito delle “lunghe notti d’amore” va ridimensionato, soprattutto dal punto di vista maschile. Infatti, per molti uomini, una lunga attività sessuale che non culmini nell’eiaculazione può essere fastidiosa e addirittura dolorosa. Alcuni di essi, invece, apprezzano questo effetto perché consente loro di prolungare il piacere ed evitare eiaculazioni precoci. Al contrario, per le donne, che spesso hanno il problema opposto, questo fenomeno è decisamente indesiderato. Un recente studio effettuato su donne afro-americane ha inoltre smentito il luogo comune secondo il quale la cocaina sia un potente afrodisiaco femminile.
L’uso cronico causa una riduzione sostanziale della libido ed influisce negativamente sulle funzioni riproduttive. In utilizzatori di cocaina di sesso maschile sono state osservate impotenza, alterazioni della funzione erettile e ginecomastia, regrediti molti mesi dopo la sospensione dell’uso di sostanza. Nelle donne invece sono stati riportati disturbi del ciclo mestruale quali amenorrea, sterilità e galatorrea.
Tali disturbi sono verosimilmente da attribuire ad una persistente iperprolattinemia come conseguenza dell’alterazione nella regolazione dopaminergica della secrezione di prolattina a livello ipofisario, indotta dalla cocaina.
La sostanza, che possiede note proprietà anestetiche, è talvolta usata localmente per ridurre la sensibilità del pene e prolungare l’orgasmo, soprattutto in soggetti che soffrono di eiaculazione precoce. L’iniezione direttamente nei corpi cavernosi può causare priapismo.
Complicanze muscoloscheletriche (rabdomiolisi)
Numerose segnalazioni riportano la comparsa di rabdomiolisi in relazione all’uso di cocaina, indipendentemente alla via di assunzione, associata a elevati livelli di CK, ipotensione profonda, ipertermia, tachicardia, rigidità muscolare diffusa e, frequentemente, delirio eccitatorio. Tale quadro frequentemente si associa a coagulazione intravascolare disseminata, insufficienza renale acuta con mioglobinuria, ed epatopatia; quadro che ricorda la sindrome maligna da neurolettici.
L’uso cronico di cocaina è responsabile di persistenti cambiamenti della funzione dopaminergica, che predispongono al rischio di delirio e rabdomiolisi.
Non sempre tale evenienza comporta la comparsa di sintomatologia franca, infatti sono stati osservati quadri asintomatici di innalzamento dei livelli enzimatici muscolari (fino al 24% dei soggetti assuntori di cocaina); ciò supporta l’ipotesi che alterazioni croniche della funzione dopaminergica possano alterare la fisiologia della muscolatura scheletrica. Convulsioni, ipertermia, ipotensione o prolungata perdita di coscienza non sono requisiti indispensabili per la comparsa di rabdomiolisi: questo suggerisce che la cocaina possa agire con una tossicità diretta sul muscolo scheletrico.
La rabdomiolisi è frequentemente associata a insufficienza renale con mioglobinuria e tale evenienza comporta un alto tasso di mortalità. Verosimilmente la vasocostrizione e l’alterazione dell’emodinamica a livello renale indotte dalla cocaina, favoriscono la comparsa di tale quadro clinico.
Istologicamente si rileva un quadro aspecifico di necrosi delle fibre muscolari.
Complicanze di capo, collo e cute
Cute
Nell’assunzione di cocaina per via endovenosa, nei siti cutanei di recente somministrazione si osservano aree discromiche color salmone, che con il passare del tempo diventano blu e quindi gialle per poi scomparire.
Nei fumatori cronici di crack le lesioni cutanee caratteristiche sono di tipo ipercheratosico alle dita e al palmo della mano, soprattutto quella dominante dovute ad insulto termico della pipa di vetro con cui viene fumato il crack.
In dosi terapeutiche la cocaina ha un’azione anestetica e l’applicazione sulla cute e le mucose può causare lesioni di tipo necrotico.
ORL e orofaringe
Le complicanze otorinolaringoiatriche più frequenti nei consumatori cronici di cocaina per via inalatoria sono costituite dalla perdita dell’olfatto, la comparsa di sinusite frontale, l’atrofia della mucosa nasale e la perforazione-necrosi del setto, in seguito a somministrazione per via inalatoria. In particolare quest’ultimo quadro è associato all’assunzione di cocaina per via endonasale e la perforazione della parte cartilaginea del setto è probabilmente la risultante di una combinazione di fattori quali l’effetto topico della sostanza ed il potente effetto vasocostrittore indotto dalle catecolamine. Sempre tramite quest’ultima via di assunzione, ci sono state alcune descrizioni di una nuova sindrome con un processo distruttivo aggressivo endonasale ed endofaringeo, simile alla granulomatosi di Wegener e alla reticulosi della linea mediana. Sono infine stati descritti anche quadri di perforazione del palato.
A carico dello smalto dei denti anteriori superiori si possono sviluppare erosioni, dovute al gocciolamento della cocaina una volta sniffata, dai seni paranasali e dall’orofaringe.
Occhio
Numerosi sono i quadri patologici descritti a seguito dell’uso di cocaina.
è stata descritto un progressivo calo dell’acuità visiva, o addirittura cecità improvvisa per occlusione dell’arteria centrale della retina in relazione ad episodi vasculitici cerebrali cocainacorrelati, o vasospasmo diffuso.
Nei consumatori cronici di crack, l’effetto anestetizzante della cocaina a livello della cornea aumenta il rischio di lesioni da grattamento con conseguente maggiore facilità nello sviluppo di cheratiti e cheratocongiuntiviti. Il contatto della sostanza con la cornea può provocare ulcere ed abrasioni corneali; il danno corneale può anche essere una conseguenza dell’irritazione causata dal fumo. Tale quadro oculare viene anche chiamato “crack eye”.
Altri quadri oftalmologici descritti sono: offuscamento della vista, endoftalmite in seguito ad infezione locale o sistemica, neuropatia ottica come complicanza di una sinusite cronica da uso endonasale e che si presenta come diminuzione dell’acuità visiva, granuloma o embolia da corpo estraneo.
Altre complicanze
Ipertermia
L’effetto letale della cocaina è peculiare rispetto alla altre sostanze d’abuso, perché non è legato solamente alla dose assunta, ma anche alla sua propensione a causare ipertermia. Infatti nei soggetti assuntori si verifica ipertermia anche con bassi livelli di sostanza e il tasso di mortalità aumenta sostanzialmente con le temperature calde. Le temperature raggiunte possono essere estremamente elevate (temperatura rettale fino a 45°C).
Le proprietà della cocaina di causare ipertermia sono la risultante di diversi meccanismi: lo stato di agitazione ed aumentata attività muscolare che si verifica contestualmente (fino al delirio eccitatorio) e che aumentano la produzione di calore, lo squilibrio della funzione dopaminergica (diminuzione dei recettori D2) con conseguente perdita di controllo sulla regolazione della temperatura interna) ed infine una alterazione dei meccanismi di dissipazione del calore (blocco della sudorazione, della vasodilatazione cutanea e della percezione del calore).
La produzione di calore può, infine, contribuire all’aumento della distruzione muscolare con conseguente mioglobinuria. Quest’ultima, in associazione alla diminuita perfusione renale, può causare necrosi tubulare acuta.
Acidemia
L’acidemia rappresenta un importante quadro tossico e può giocare un ruolo significativo nella mortalità correlata alla cocaina. Sperimentalmente, in presenza di diminuito pH intracellulare, si registra una diminuzione del rilascio del calcio dai miofilamenti con conseguente diminuzione della contrattilità muscolare. Tutto ciò si riflette a livello cardiaco con una diminuzione della contrattilità miocardica. L’acidosi inoltre aumenta la comparsa di aritmie mediante anomalie della polarizzazione e rallenta la trasmissione del segnale a livello atriale. In presenza di cocaina, che blocca i canali del sodio, si possono verificare marcate riduzioni della velocità di conduzione, con conseguente probabilità di comparsa di aritmie cardiache.
L’abuso di cocaina è considerato un fattore di rischio per la comparsa di chetoacidosi in pazienti diabetici. Attraverso l’incremento delle catecolamine plasmatiche la cocaina inibisce la secrezione pancreatica di insulina, e aumenta la produzione di glucagone. Conseguentemente si registra una stimolazione della glicogenolisi e gluconeogenesi epatica con attivazione della lipolisi nella muscolatura scheletrica, riduzione del consumo periferico di glucosio e stimolazione della chetogenesi.